Hai bisogno di parlare con il tuo capo, o di contattare un cliente con cui non hai abbastanza confidenza: farai una telefonata o scriverai un’ email o un messaggio? Probabilmente percorrerai la seconda opzione. Sceglierai la comunicazione asincrona su quella sincrona. Ma ti sei mai chiesto perché? E sei sicuro/a che questa scelta sia una strategia vincente per ottenere il risultato che auspichi?
La risposta è no. Capire il perché una telefonata sia da preferire ad un messaggio o ad una email ti aiuterà ad essere più efficace, sia nella tua vita professionale che in quella privata. Vediamo, allora, perché la comunicazione sincrona sia da preferire a quella asincrona.
La differenza tra comunicazione asincrona e comunicazione sincrona
Mail, chat, messaggi di testo, messaggi vocali: tutti questi servizi consentono di comunicare in via asincrona, ovvero non in tempo reale. Grazie a questo tipo di comunicazione, si dice qualcosa senza avere modo di cogliere la reazione altrui, e si rinuncia alla possibilità di interagire “in diretta”. Una bella differenza con la comunicazione sincrona, che avviene invece in tempo reale e che è resa possibile da una semplice telefonata.
Quanti di noi preferiscono anticipare una chiamata con un’email o un messaggio? Molti. Si tratta di una tendenza sempre più mercata e frequente. Partendo dai millennials, la “no call generation” per eccellenza, fino a generazioni più adulte, sembra che la comunicazione sincrona sia stata soppiantata da quella asincrona.
I motivi possono essere diversi: la comunicazione asincrona è (apparentemente) più rapida e può essere gestita nei tempi che preferiamo. Mandare un messaggio appare meno impegnativo che fare una telefonata: in questo modo non siamo esposti all’imbarazzo del confronto, abbiamo una sensazione di controllo ed efficienza.
Oggi nel mondo del lavoro sono ancora tante le persone che da adolescenti mettevano alla prova le loro competenze comunicative chiamando a casa la propria innamorata o innamorato e ritrovandosi a parlare con il “suocero” o la “suocera”. I millennials invece hanno potuto superare le stesse sfide emotive grazie a social, WhatsApp e vocali. E la comodità di questi canali ha presto conquistato le abitudini di tutti. Si sta profilando una generazione di lavoratori sempre più “allergica al telefono”? Questa tendenza ci deve preoccupare? La mia risposta è sì, ed ecco i motivi per preferire una telefonata ad un messaggio.
1) Telefonare ci permettere di imparare a confrontarci con gli altri
L’uso sistematico di messaggi asincroni inficia lentamente le nostre abilità relazionali. La riprova è nelle abitudini che stiamo acquisendo: a forza di scrivere messaggi, abbiamo sempre più difficoltà a fare una chiamata. E non è una casualità. Esiste infatti una motivazione logico/razionale e una motivazione più profonda, legata al campo delle emozioni. “Non vorrei disturbare a quest’ora”, “Non voglio essere invadente”, “Risparmierò tempo se gli scrivo”. Ecco, queste sono le motivazioni logico/razionali che coprono le ragioni emotive, riassumibili in una frase: “non me la sento”.
La paura di disturbare, di essere respinti, di ottenere risposte fredde e poco cordiali giocano a sfavore dell’opzione telefonica. Ci inducono a scegliere la comunicazione asincrona perché pensiamo i vantaggi superino gli svantaggi. Eppure è l’esatto contrario.
Dimentichiamo infatti che queste difficoltà sono passaggi fondamentali nella costruzione di un rapporto con gli altri. Ascoltare, comprendere, rispondere in modo costruttivo e assertivo, imparare a mediare: ebbene queste capacità possono essere affinate solo ricorrendo alla comunicazione sincrona.
Certamente non si intende affermare che si distrugga la civiltà sostituendo una telefonata con una mail. Però innegabilmente ciascuno di noi, giorno dopo giorno, sta perdendo un filo di piacere, di sicurezza e di abilità nel discutere ed esprimersi compiutamente nel confronto con gli altri.
2) Tra i più grandi svantaggi della comunicazione asincrona c’è la perdita delle sfumature profonde di significato
Quante volte ci è capitato di ricevere un messaggio senza riuscire a comprendere il tono dell’interlocutore? Quante volte ci siamo sforzati di individuare dei piccoli segnali (presenza di emoticon, analisi della punteggiatura..) in grado di rivelarci l’umore di chi ci ha scritto?
C’è una ragione per cui ci poniamo questi interrogativi. Ognuno di noi è infatti consapevole che la comunicazione è un qualcosa di più di un insieme di parole. Anche nella comunicazione dal vivo, siamo portati a notare il tono di voce, le pause, il ritmo, i termini scelti. Il problema che ci pone la comunicazione asincrona è dato dall’impossibilità di valutare in modo obiettivo tutti questi elementi. E da qui arriva la confusione e il disorientamento.
La brutta notizia è che non basterà rileggere cento volte il testo per arrivare a una risposta. Tramite messaggi e chat, non potremo semplicemente avere un quadro completo del flusso comunicativo in corso. Non riusciremo a valutare obiettivamente l’esito del confronto con l’altro.
Se ho bisogno di sapere se il mio capo è soddisfatto veramente del mio lavoro, avrò bisogno di chiamarlo, se non di incontrarlo direttamente dal vivo. Altrimenti potrei passare la giornata interrogandomi sul senso di quel “Sì” secco alla mia domanda “Il lavoro da me svolto è soddisfacente?”
3) Scegliendo la comunicazione asincrona poniamo le basi per essere sostituiti dalla tecnologia.
La generazione “no call”, scegliendo sistematicamente email e messaggi, regala agli algoritmi informazioni su informazioni, regalando ai software domande e risposte frequenti. Può sembrare eccessivo, ma in realtà è assolutamente così. Basti pensare alle sempre più frequenti chat di assistenza, in cui ci troviamo a dover risolvere i nostri problemi con un’assistente virtuale in grado di capire – più o meno – le nostre domande. Più informazioni avranno i software, più questi strumenti saranno affinati e sostituiranno definitivamente i vecchi call center.
Ma c’è di più.
Per la vendita di un prodotto o un servizio semplice non serve un venditore, basta una piattaforma digitale. Se al contrario si tratta di un prodotto o un servizio complesso c’è bisogno di un consulente commerciale in grado di ascoltare il cliente per capirlo, orientarlo e soprattutto soddisfarlo. Comprereste mai una casa online? Probabilmente no. E una macchina di lusso? Neanche.
A prescindere dal settore di riferimento, quando il consulente si limita ad un dialogo asincrono il 90% della sua professione si perde.
La conseguenza è che il “mondo sommerso” del cliente, le sue paure, i suoi mal di pancia, i suoi desideri, resta sconosciuto e le aziende guadagnano dieci dove avrebbero potuto guadagnare cento. Negli ultimi anni questo paradosso sta divenendo, a mio avviso, sempre più visibile. E l’arrivo sul mercato del lavoro dei millennials della “no call generation” rischia di rendere il fenomeno sempre più marcato. Alla fine con molta semplicità ha ragione l’amministratrice del mio condominio: “Con una telefonata di cinque minuti metto a posto in metà del tempo quello che i colleghi fanno con dieci mail”.
Lorenzo Cavalieri
Coach e consulente di formazione manageriale
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