Di recente abbiamo proposto la lettura di una breve favoletta orientale come invito di riflessione sulla tematica della libertà e della gerarchia (la trovate qui). A tal proposito, ragionavamo sul fatto che, con la crisi del tradizionale sistema gerarchico basato sul potere, si è sviluppata una gerarchia ufficiosa che fa riferimento al sapere, al know-how. È una sorta di paradosso in cui il capo si mette al servizio di chi è deputato a produrre il sapere. Ma andiamo con ordine e facciamo un passo indietro, cercando per prima cosa di rispondere a una semplice domanda.
Chi sei?
Inconsciamente, in molti rispondiamo a questa domanda dichiarando la nostra qualifica professionale. Tendiamo insomma a definire noi stessi con il mestiere che facciamo. Una brutta abitudine, residuo della cultura industriale fortemente intrisa di gerarchia, che ci spinge a riconoscere la nostra identità nel ruolo che abbiamo nell’organizzazione. Il che era anche comprensibile in un’epoca in cui la carriera si identificava con il potere che ciascuno poteva esercitare sugli altri, ma che oggi ha perso parte di significato. In aziende basate sulla produzione di conoscenza, i meccanismi della gerarchia sfumano e si fanno meno definiti, perché l’attività è orientata al raggiungimento del risultato. Di conseguenza, visto che quest’ultimo è dato dal contributo di conoscenza dato da ciascun lavoratore, allora cambia anche il posizionamento del potere che da centralizzato diventa diffuso. Che cosa è cambiato quindi, rispetto al passato?
L’organizzazione non è più tenuta insieme dalla gerarchia, ma è sorretta dalle informazioni
È l’organizzazione ad essere cambiata. Già vent’anni fa se ne accorse il grande Paul Drucker, che in uno dei suoi saggi più celebri dichiarò: «L’organizzazione gerarchica basata sul principio di comando e controllo, nata intorno al 1870, si potrebbe paragonare a un mollusco tenuto insieme dal guscio. La corporation di oggi si articola intorno ad uno scheletro: le informazioni, che sono insieme il nuovo sistema integratore dell’azienda e la sua articolazione (…). Il centro di gravità dell’occupazione si sta spostando rapidamente dagli operai e dagli impiegati ai detentori di know how, culturalmente incompatibili col modello organizzativo di comando e controllo che l’impresa mutuò dall’esercito un secolo fa».(P. Drucker, Il futuro che è già qui, Milano: Etas, 1999, pp. 100-102).
Come in passato, chi detiene le informazioni comanda, ma un tempo l’informazione era qualcosa che seguiva la gerarchia e faceva parte delle dinamiche organizzative. Oggi invece l’informazione è anche basata sulla competenza ed è sostanziale per raggiungere il risultato atteso. In questo senso, ogni risultato atteso ha una componente dirompente, di innovazione, che porta alla diffusione dell’informazione e del sapere in azienda. Quel che poi preme sottolineare è che questo quid è frutto dell’apporto personale del lavoratore e del team, non è qualcosa che può risultare da un processo rigido e standardizzato.
Dal potere al sapere: una gerarchia diffusa e funzionale
Se la chiave è l’informazione e l’obiettivo il risultato, allora devo usare il mio sapere per risolvere i problemi che si frappongono tra me e il risultato. Dove sta la crisi di potere? Nel fatto che il buon manager non è più il comandante che mantiene saldo il controllo sui dipendenti attraverso informazioni che questi non possiedono. Il capo quindi trasforma il suo ruolo, da gerarchico a coordinatore verso un risultato, perché è colui che aiuta il suo team a raggiungere gli obiettivi. Nel team diviene possibile una gerarchia che varia a seconda degli stadi del progetto e cioè a seconda di chi in quella fase è il punto di riferimento per la conoscenza. Potremmo chiamarla“gerarchia intellettuale” o “gerarchia funzionale” agli obiettivi che di volta in volta siano necessari alla realizzazione del progetto.
Angelo Pasquarella e Laura Garozzo – Projectland
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