Chi si interessa di formazione manageriale avrà senza dubbio notato come negli ultimi anni l’interesse verso la leadership abbia messo in secondo piano il management. Una tendenza forse figlia di quest’epoca di transizione e di drastici cambiamenti sia sul piano organizzativo sia sul versante tecnico e tecnologico.
Ma siamo davvero sicuri che, come spesso leggiamo, le nostre aziende siano over-managed e under-led?
Con questo breve intervento vorremmo istillare il dubbio che, forse nella stragrande maggioranza dei casi, le aziende trarrebbero maggiori benefici dal formare bravi manager, più che nuovi leader. In Projectland vogliamo promuovere una visione assolutamente pertinente al livello di competenze presenti e al contesto che l’azienda sta vivendo in un determinato momento.
In molti casi dovremmo mettere da parte la dicotomia tra leadership e management e provare a vederla in un’ottica engaging management: una gestione ravvicinata di un network interattivo fondato sulla fiducia e sulla motivazione.
Ma questo super manager saprà davvero mettersi in gioco in situazioni di grande innovazione? Saprà rivoluzionare quegli stessi processi e prodotti che con precisione, rigore e competenza aveva messo a punto e perfezionato? E come se la caverà con un progetto che faremmo rientrare nella categoria disruptive? Probabilmente male, ammettiamolo. In questi casi solo un leader carismatico e fortemente ispiratore potrebbe riuscire a guidare i collaboratori attraverso il cambiamento.
Ma quante volte si ha veramente la necessità di innovare così drasticamente?
Poche, molto poche a nostro parere. La maggior parte delle aziende non ha bisogno di una rivoluzione, ha bisogno di gestire meglio l’esistente mantenendo però una costante attenzione al miglioramento. Magari attraverso innovazioni più frequenti ma di portata ridotta.
A monte di tutto, i consulenti dovrebbero impegnarsi in una rigorosa analisi del contesto e della situazione e, in base alle problematiche emerse, dovrebbero impostare un piano formativo indirizzato alla gestione, o al miglioramento o, in rari casi, all’innovazione. Siamo sicuri che le nostre offerte non siano condizionate dalle nostre competenze? Siamo sicuri che l’orientamento verso corsi di management o leadership derivi esclusivamente da una corretta analisi del fabbisogno dell’impresa?
La nostra deontologia professionale ci impone qualche volta di tenere a freno le nostre convinzioni e le nostre “passioni formative”. Così come risultano dannosi sia il manager che non motiva sia il leader che non gestisce, allo stesso modo è controproducente intervenire con un percorso formativo incerntrato sulla leadership in un contesto che ha bisogno di management.
Laura Garozzo e Angelo Pasquarella – Projectland
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