Finora l’attenzione delle aziende si è rivolta principalmente ai giovani talenti, che fortunatamente – pur se non facili da individuare – non mancano nel nostro mondo. Ma ci sono altri talenti che solitamente non hanno simili riflettori puntati su di loro. Le statistiche ci dicono che in Italia abbiamo all’incirca 24 milioni di occupati; la popolazione “giovane” (tra 25 e 34 anni) conta circa 4 milioni, mentre i cosiddetti “over 50” sono oltre 8 milioni, cioè un terzo degli occupati. È all’interno di questo grande segmento che troviamo altri “talenti”, cioè persone in grado di produrre risultati ed in possesso di una capacità egualmente preziosa nelle aziende in termini di esperienza e competenze operative
Come “talenti” sono individuabili almeno due popolazioni molto diverse, vale a dire i “young talents” (le giovani promesse con forte potenziale di sviluppo e innata creatività) ed i “silver talents” (professional all’interno dei cosiddetti “over 50” con ampia esperienza e prezioso contributo operativo).
Se da un lato i young talents sono in grado di contribuire con nuove competenze e capacità di innovazione, i silver talents dall’altro lato sviluppano il patrimonio di know-how acquisito e sovente sono gli autorevoli opinion leaders aziendali o “champions” (eccellenti performers da imitare).
Ci siamo anche chiesti se davvero contiamo che i young talents di oggi possano restare in azienda per lunghi anni anziché sperimentare nuove esperienze in altri ambiti professionali. D’altro canto, i silver talents garantirebbero – in teoria – una maggiore stabilità di servizio, sempreché anche per loro vengano tracciati sentieri di valorizzazione e sviluppo del ruolo.
Ma che iniziative di retention possono risultare efficaci per queste due popolazioni di talenti?
I young talents valorizzano molto la formazione avanzata, con la possibilità di acquisire conoscenze particolari che aumentino la loro qualificazione non solo in azienda ma più in generale nel mercato (“professional marketability”). Forse alcuni sono meno sensibili alla leva retributiva, ma di fronte all’offerta dell’azienda di avviare un Programma Formativo con un Master di qualità e costo rilevanti, l’interesse a svolgere questo percorso è sicuramente elevato.
Come strutturare una efficace retention? Il primo passo è stabilire una adeguata comunicazione che evidenzi il forte investimento che l’azienda sta attuando con il giovane talento. L’offerta di un Master o del percorso formativo deve essere presentata con congruo anticipo rispetto all’avvio, e va formalizzato un Impegno reciproco per il quale l’azienda sostiene i costi ed il talento si rende responsabile del positivo completamento della formazione e della condivisione delle competenze all’interno delle strutture aziendali garantendo una continuità di servizio per i successivi 36 o 48 mesi.
In caso di dimissioni prima di tale termine, il talento può essere soggetto ad una penale riferibile al rimborso del costo della formazione sostenuta dall’azienda. Oltre ad una penale che tuteli la permanenza in azienda, va delineata anche un’ipotesi di percorso di carriera che offra la possibilità di acquisire un ruolo più senior oppure incarichi progettuali di rilievo (“stretch assignment”) che amplino la propria dimensione manageriale.
Pur se diffusi, i Patti di stabilità (“se sarai in servizio tra 3 anni ti sarà erogata una significativa somma”) o – peggio – i Patti di Non Concorrenza (“a fronte di una somma erogabile, per 1-2 anni successivi alle tue dimissioni non potrai operare sul mercato con attività, ruolo e funzioni del ns settore”) sovente hanno scarsa tenuta se non addirittura effetto controproducente; i giovani talenti apprezzano le opportunità loro offerte, ma diffidano da vincoli e limitazioni che li privino della mobilità professionale a cui tengono.
Differente, ma non troppo, la retention attuabile per i silver talents. Chi ha detto che non apprezzino un percorso formativo, soprattutto se orientato alla riqualificazione ed aggiornamento delle competenze (“lifelong learning”)? La possibilità di formazione permanente offre infatti una maggiore tutela di stabilità occupazionale, in particolare per un mercato che sovente presenta limitate opportunità di passaggi tra aziende per i professionals over-50.
D’altro lato, i silver talents sono appetibili per le aziende che intendono avviare strutture ed attività (“start-up”) affidandosi a professionals esperti e già competenti, in grado di organizzare l’operatività ed inserirsi sul mercato con immediatezza.
Qui la retention può basarsi su almeno due aspetti, di cui uno relativo al ruolo (valorizzazione della posizione e percorso di assegnazione di maggiore visibilità ed autonomia a coordinamento di strutture), e l’altro di natura più retributiva (non solo una crescita salariale che agevoli sicurezza e status, ma anche benefits meglio calibrati come un migliore piano previdenziale o una più ampia copertura sanitaria integrativa a tutela del nucleo famigliare con medicina preventiva e long term care).
Come più volte sottolineato, gestire i talenti significa investire sul Capitale Umano di cui ogni HR manager è responsabile. Investire richiede responsabilità, proattività, vision ed ispirazione a cogliere le migliori reciproche opportunità a beneficio dell’azienda e dei nostri collaboratori.
Un compito quindi che oltre alla professionalità richiede sincera passione e convinta responsabilità.
Roberto Piana
Senior HR Manager
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